giovedì 22 dicembre 2016

Buon Natale a me

Credo di aver sempre avuto un debole per mio padre. Una cosa istintiva, di pelle, di affinità caratteriale e poi forse, da un certo punto della mia vita in poi, per la consapevolezza del suo handicap e di come, nonostante esso, lui sia riuscito ad affrontare e vivere la sua vita.
Vedermelo a terra, accanto, in un attimo è stato uno shock. Perché ho sentito che si era fatto qualcosa di serio, a differenza di altre volte.
Eravamo appena scesi dalla sua auto al Centro Commerciale I Gigli, camminavamo accanto, chiacchierando. In altre circostanze, con fondo bagnato o sconnesso o coperto di ghiaino, presto sempre molta attenzione, gli do il braccio, ma lì, sull'asfalto, non avevo nessun sentore di pericolo e invece...
Intendiamoci, anche se fossimo stati a braccetto, non avrei in alcun modo potuto fermare la sua caduta, ma ci sono rimasta malissimo.
Nei primi momenti, con lui a terra accanto a me, mi sono fatta prendere dal panico tanto che non riuscivo neanche a chiamare il 118 col mio cellulare; per fortuna qualcuno dei presenti lo ha fatto per me ed è entrato ad avvisare nel centro commerciale. Sono arrivati su uno scooter due addetti alla sicurezza de I Gigli che secondo la loro procedura hanno ricontattato il 118 e si sono presi cura di mio padre facendolo sedere bene, sorreggendogli la schiena e chiedendogli se avesse freddo o sete, fino all'arrivo dell'ambulanza.
Passato lo shock, la mia testa ha iniziato a eleborare soluzioni: per prima cosa ho chiamato mio fratello che lavora in zona, poi ho iniziato a pensare chi sarebbe andato con lui in ospedale, come fare con la macchina con la quale eravamo venuti e che io non sapevo guidare, se e come avvertire mia madre, rimasta sola a casa e ho spedito mio figlio a prendere almeno dell'acqua.
Lo shock di quel giorno è ovviamente passato ma io ho perso l'equilibrio e sono andata a cercarlo per giorni, settimane, in una ridda di emozioni e sentimenti opposti, contrasti, altalenanti. Da allora, era il 31 di ottobre, a oggi mi sono sentita impaurita, preoccupata, persa, triste, volitiva, speranzosa, stanca, depressa, cattiva come madre, come figlia, come moglie, egoista, incompresa, arrabbiata, sola, sostenuta, compresa, amata, incoraggiata.
Una cosa però più di ogni altra mi ha tolto il sonno: sentirmi presa tra due fuochi, tirata in direzione opposta dalle persone più care che hai e consapevole di finire per scontentare comunque qualcuno, qualsiasi decisione io prendessi.
È stato orribile perché ho pensato che di me non importasse a nessuno.
Forse è stato il punto più basso perché non trovavo soluzioni, ma ci ha pensato il mio spirito di sopravvivenza che mi ha imposto un sano egoismo.
E un aiuto molto, molto grande me lo hanno fornito, con il loro amore, la comprensione, la dolcezza e la pazienza, mio fratello che nella circostanza è stato molto più adulto e centrato e razionale e maturo di me, e altre due persone alle quali tengo moltissimo, forse anche più di quanto loro possano credere.

Dopo l'incidente sono rimasta 10 giorni a Firenze, mio marito e mio figlio sono tornati ovviamente a casa. In quei giorni ho fatto cose molto positive delle quali vado molto fiera:

Mi sono presa cura di mia madre e della casa.
Ho vissuto in maniera piuttosto equilibrata il primo vero distacco da mio figlio. E credetemi se vi dico che non era una cosa affatto scontata perché io e lui siamo sempre, sempre stati insieme. Senza considerare poi che si era in piena crisi sismica, con scosse consistenti spesso nettamente avvertite anche a casa nostra.
Ho imparato in mezz'ora a guidare, nel traffico cittadino, una macchina col cambio automatico, di dimensioni considerevoli rispetto alla mia e sostanzialmente tutta computerizzata. Senza andare nel pallone. Grazie Fratello!
Ho trascorso molte ore in ospedale dove di solito, dopo una manciata di minuti, iniziavo a sentirmi debole fino a sfiorare lo svenimento. Che testa bacata.
Ho parlato coi medici di mio padre, più volte, rimanendo imperturbabile, atarassica e in posizione eretta mentre mi spiegavano dettagliatamente come avrebbero inserito chiodo e viti nella tibia fratturata durante l'intervento.
Sono stata vicino al babbo durante il risveglio dall'anestesia senza agitarmi neanche un po' contro ogni mia aspettativa.
Ho continuato a prendermi cura di me mantenendo per quanto possibile in essere i miei momenti "coccola".
Ho cercato di essere sincera con tutti, di parlare chiaramente, senza lasciare niente in sospeso e soprattutto cercando di comunicare come realmente mi sentivo.

Nonostante tutto l'ansia a volte viene a trovarmi.
Gli faccio l'occhiolino.
Ti conosco mascherina. Non ti scaccio, sarebbe inutile, ma ti prendo le misure.
E mi dico Buon Natale.
Perché ne ho bisogno.
E buon Natale alle persone che mi amano davvero.
E ce ne sono.


P.S. Un ringraziamento speciale a mia suocera per essersi presa cura di Lorenzo nelle ore di pranzo e post scuola mentre io ero via.
E per avermi insegnato che non bisogna perdersi d'animo perché a TUTTO c'è una soluzione, tranne che a una cosa.

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