giovedì 29 maggio 2014

Imprevisti

E dire che mi aveva avvertito con quel suo rumorino strano che ho sentito subito, appena entrata in cucina ieri mattina alle sei. E se ne era accorto pure il ragazzino mentre una quarantina di minuti dopo inzuppava i suoi biscotti al miele nel latte e Nesquik. "Da dove viene questo rumore, mamma? E perché  il frigo fa questo rumore? E perché va a ritmo? E non potrebbe smettere?"
Io poi ieri mattina sono stata poco in casa e al mio rientro lo faceva ancora. Ma non ci ho dato peso.
Io, che per una volta non mi son fatta prendere dalla mia naturale inclinazione al pessimismo, non mi son figurata scenari catastrofici e ho pensato ad una semplice vibrazione. Fino a ieri pomeriggio alle 17:30 quando Lorenzo ha preso lo yogurt per fare merenda e lo ha trovato liquido, per niente freddo.
Oddio, ho pensato, tutti i miei surgelati, le verdurine, i muffins, la ciccia! Tragedia.
Ho chiamato subito quella santa di mia suocera, presto accenda il freezer supplementare, quello che si stipa in vista di Natale e Pasqua, le porto subito giù tutti i surgelati! Emergenza!!
Intanto mio marito, rientrato dal lavoro, ha contattato un tecnico per far valutare se valeva la pena o no aggiustarlo. Una vocina dentro di me mi diceva che era inutile. Dopo 10 anni, il guasto non può essere piccolo. E infatti...
Vabbè, per aspettare il tecnico abbiamo cenato tardissimo e ho fatto ancora più tardi per pulire mattonelle e pavimento una volta spostato il frigo in salotto. Così, ha detto mio marito, domattina all'apertura andiamo a comprarlo da Euronics e quando te lo portano a casa, se sei da sola, non devi spostare nulla e hai già tutto pulito e a posto.
E rieccola quella vocina saccente, a dirmi, stavolta, siiii, credici che ti consegnano il frigo in giornata domani!!
Stamani all'apertura alle 9:30 lo abbiamo trovato da Euronics, quello in offerta, tedesco, coi tre cassetti del freezer, bianco, molto simile al vecchio! Evviva! Eh, però prima di mercoledì non possiamo consegnarvelo. Cosaaaaa??? Dopo un breve consulto dell'addetta coi colleghi, mossi a compassione forse dalla nostra urgenza, ci dicono che sì, ce lo consegnano sabato mattina verso le 10. Evviva! Chiediamo che ci vengano invertite le porte perché quel bugigattolo di cucina lo rende indispensabile. Ok sarà fatto al modico prezzo di 30euro30. Più altri 30 euro di trasporto. 7km dal negozio a casa. Per fortuna stiamo nella zona 1 e non più lontani e per fortuna ad un terreno rialzato e non ad un piano alto, sennò chissà che cifra ci avrebbero chiesto...il brutto è che in certe situazioni sei preso per la gola...comunque per oggi ci siamo arrangiati, stasera faccio la pizza. Ma prima devo andare a prendere il prosciutto cotto e le mozzarelle che villeggiano a Jesi nel frigorifero di mia suocera!!!
Ma prima come facevano senza elettrodomestici??

Bye bye, vecchio frigo!

martedì 27 maggio 2014

A zonzo per Firenze 10: certe stupefacenti facciate

Non avete idea di quante cose nuove abbia scoperto della mia città da quando non ci vivo più. E mi chiedo, con grande stupore, come abbia fatto in 28 anni trascorsi lì, a non accorgermene!
Succede però, quando si vive in un luogo, di finire per assuefarci ad esso, si passa distratti, con la testa presa dagli impegni, dalle cose da fare, da dove si deve andare. E poi le meraviglie artistiche sono talmente tante e a volte un po' nascoste, che è impossibile conoscerle tutte.
E così, queste scoperte sono ancora più belle per me.
Venite, su, oggi vi porto in una grande piazza, di fronte ad una chiesa che ho sempre amato moltissimo: Santa Maria Novella.
Al suo interno troviamo numerosi grandi capolavori come la cappella Rucellai, la cappella Bardi, gli affreschi del Ghirlandaio nella cappella Tornabuoni, il crocifisso di Brunelleschi nella cappella Gondi, la Trinità di Masaccio, il Chiostro Verde, il Cappellone degli Spagnoli, ma io sono stata sempre rapita dall'esterno, dalla facciata e in particolare dalle grandi volute, lassù in alto.
Quando nei giri in centro col nonno finivamo lì, entravamo nella piazza sempre da via degli Avelli ed ogni volta, ma proprio ogni volta, lui mi chiedeva: " ma lo sai perché si chiama così e perché si dice tu puzzi come un avello?"


Percorrendo infatti quella strada verso la piazza, sulla destra si trovano una serie di avelli, cioè di tombe, come un muro coperto di marmo bianco e verde di Prato, detto anche serpentino, dietro i quali c'è un antico cimitero, un tempo fuori delle mura cittadine. All'epoca, passando di lì, l'odore non doveva essere dei migliori e da questo sarebbe nata la frase che mi diceva il nonno (puzzare come un avello).

Nella Firenze del Medioevo e del Rinascimento, se Santa Croce era il centro antichissimo della cultura francescana, Santo Spirito di quella agostiniana, Santa Maria Novella era il punto di riferimento di un altro ordine mendicante, quello dei domenicani.
Questa sorta di "dualismo" fra Santa Croce e Santa Naria Novella, si lega nei miei ricordi a varie pagine dei miei appunti di Letteratura Italiana dei tempi del liceo!


E dunque osserviamo questa facciata che fu realizzata in più fasi; la parte inferiore risale alla prima metà del 1300, in parte riecheggia motivi romanici presenti nel Battistero, in parte presenta elementi di impronta gotica come gli archi ogivali su pilastrini e le due porte laterali con cuspide accentuata sopra la lunetta.



Al centro il portale di Leon Battista Alberti, il genio che su commissione di Giovanni Rucellai, realizzò il disegno della parte superiore della facciata a partire dalla trabeazione nel cui fregio sono intarsiate le vele araldiche del committente, che, con le loro sartie spiegate al vento, simboleggiavano le imprese e la prosperità dei commerci della famiglia.


Al di sopra si trova una fascia ornata di riquadri oltre la quale c'è la parte alta, corrispondente alla navata mediana della chiesa, tripartita da paraste bicolori, con un grande occhio centrale e coronata da un timpano sotto il quale si trova un architrave con l'iscrizione che ricorda il committente Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, e la data 1470. 


Al centro del timpano troviamo il disco solare fiammeggiante, simbolo del quartiere di Santa Maria Novella.


Le due volute laterali che racchiudono splendidi dischi intarsiati hanno funzione di raccordo con la parte inferiore e servono a mascherare il dislivello esistente tra il tetto della navata centrale e gli spioventi di quelle laterali.




Ma la vera chicca sono due scoperte recenti e casuali: due strumenti scientifici aggiunti sulla facciata nel 1572/74. A sinistra una armilla equinoziale in bronzo


a destra quadrante astronomico in marmo con gnomone opere del frate domenicano Ignazio Danti da Perugia, astronomo e cartografo granducale.


Con questi strumenti il frate calcolò in modo esatto la discrepanza fra il vero anno solare e il calendario Giuliano ancora in uso dalla promulgazione nel 46 d.C.
Dimostrati i suoi studi al papa Gregorio XIII, si ottenne la promulgazione del nuovo calendario Gregoriano nel 1582.

mercoledì 21 maggio 2014

Di maree

Per giorni il pensiero neanche mi sfiora, poi i ricordi arrivano ad ondate, una dopo l'altra, come la marea che sale e minuto dopo minuto conquista centimetri di sabbia, cambiando l'aspetto di un luogo che pure ci è familiare.

                  Cornovaglia, Agosto 1995


È un qualcosa che mi accade da sempre, da quando, almeno, ho una memoria consapevole.
Quando la marea arriva ci si può allontanare dalla battigia, il tempo c'è, oppure lasciarsi lambire dall'acqua, guardarla, osservarla, annusarla. Per moltissimo tempo, incline per natura all'introspezione e all'osservazione, ho messo in atto la seconda modalità, non coscientemente, ma per istinto.
Poi è arrivato un momento della mia vita personale in cui tutto è andato in tilt, sono stata come travolta da alcune di quelle onde e la mia mente e, di conseguenza, il mio corpo, non erano più in grado di guardarla la marea, ma desideravano solo allontanarsi. Con scarsi risultati perchè spesso ansia e panico paralizzano. E fanno star male. Parecchio male.
Sono stata rivoltata come un calzino senza che venisse fuori nulla di anomalo. Per fortuna. Ma la difficoltà di dare ai miei disturbi una classificazione fisica, di incasellarli in una patologia e quindi di curarli, mi faceva provare una gran rabbia.
Di fronte all'offerta fattami di silenziare tutto con delle medicine, ho cercato un'altra strada. Per fortuna l'ho trovata subito e si è rivelata quella giusta per me.
Al primo incontro Alessandra, la terapista a cui sono arrivata grazie ad un'amica, mi chiese cosa mi aspettassi da lei. Le dissi che ero disposta a tutto purchè non mi facesse più sentire tanto male e smarrita, pur di tornare come ero prima. Ricordo i miei racconti fiume, lei che poneva qualche domanda, ricordo bene di aver disegnato, con una certa vergogna per la mia (in)capacità artistica, me stessa, un albero (e forse non è un caso che mi piacciano tanto!), una casa e di aver detto che cosa vedevo in una serie di disegni strani, tipo macchie, e mi facevano pensare a quando si osservano le nuvole in cielo e ognuno ci vede una forma, un animale, una cosa tutta sua...
Ha fatto benissimo il suo lavoro, mi ha offerto appoggio, fiducia, sicurezza e mi ha fornito delle chiavi che ho continuato ad usare e riusare negli ultimi 23 anni, senza che si consumassero neanche un po'. A volte senza neanche accorgermi che ricorrevo a quelle chiavi.
Mentre vivevo e attraversavo le cose, le situazioni, quasi non mi rendevo conto delle scelte che facevo, di quello che mi muoveva, di come mi muovevo. Eppure pensavo, riflettevo, sceglievo. 
Poi a distanza di anni ci sono certi momenti, quasi delle illuminazioni, in cui le cose mi appaiono in una certa particolare angolazione, si allineano, io tiro le fila e tutto acquista un senso...non so, magari succede a tutti così, ma resta comunque un fenomeno che mi lascia ogni volta sbalordita.

Fatti tutti quei test, Alessandra mi disse che una delle cose che emergeva con più forza e chiarezza era che nella mia vita avevo ricevuto molto amore.
Sul momento non detti molto peso a questa frase, la misi lì, insieme a tutte le altre cose che lei via via mi diceva o sottoponeva alla mia attenzione. Col tempo, invece, ho capito che quella frase è stata per me la chiave di volta con la quale guardare il mio passato, i miei cari, le vicende, me stessa, le mie scelte, i miei limiti, i difetti, gli errori, le potenzialità e con la quale vivere la mia vita.

Oggi, quando sale la marea con le sue onde che a volte mi cullano, altre mi schiaffeggiano, mi ritrovo, nella maggior parte dei casi, seduta, a guardarla, di più, ad annusarla e mi torna in mente quella sua frase capace di rendere tutti i ricordi più dolci anche quando di per sé non lo sono.
Negli ultimi 10 anni ho capito un sacco di cose e per conseguenza tante altre sono andate a posto.
È proprio vero che sono stata amata, che ho avuto un'infanzia serena e spensierata e invecchiando, ogni giorno i miei ricordi prorompenti mi bussano alla porta, senza che io li chiami, e mi consegnano istantanee colorate, vivide e dettagliatissime dei miei primi venti anni di vita. E più sono lontani, più sono vivi quei ricordi. Non sarei come sono se i miei genitori, i miei nonni, i parenti, gli amici di famiglia, gli insegnanti, gli adulti che hanno popolato la mia vita non mi avessero circondata di affetto, tanto da viziarmi in certi casi.
Ed invecchiando ho capito più a fondo tutte le infinite sfaccettature che compongono le cose, le decisioni, i fatti, i ragionamenti, le intenzioni degli esseri umani.
So che non tutto è stato bello e positivo, che alcune cose si sarebbero potute fare diversamente, risparmiando certe sofferenze. Ma preferisco guardare il positivo, partire da lì, puntare su quello, farne la valigia per il futuro. E il più delle volte non mi devo neanche sforzare, avviene in automatico...
Ora, nei giorni di grazia, sono sicura che quel periodo di crisi mi abbia offerto la possibilità di fare come un lungo viaggio, di capire la mia famiglia e ancor più me stessa. Forse è arrivato proprio nel momento giusto, costringendomi a crescere.
Oggi è un giorno di grazia ;-) !

martedì 13 maggio 2014

Una gemma etrusca

La scorsa estate mentre ri-leggevo Sotto il sole della Toscana e mi ri-innamoravo di Cortona, ho scoperto l'esistenza di un reperto etrusco conservato al Maec (Museo dell'Accademia Etrusca e della città di Cortona).
Ricordo di aver cercato delle immagini mentre mi trovavo in spiaggia e di essere rimasta affascinata da quanto ho visto e letto. Ho però aspettato di vederlo coi miei occhi prima di scriverne.
Leggendo qua e là ho cercato di mettere insieme una spiegazione valida sul significato e la simbologia espressi da questo reperto.


Si tratta di un lampadario in bronzo, da appendere al soffitto, con un diametro di 60 cm e un peso di 57 kg, rinvenuto fortuitamente nel 1840 nella zona di Fratta, vicino a Cortona, destinato probabilmente ad un santuario di rilievo della zona, realizzato forse in una officina orvietana intorno alla metà del IV a.C.

Al Maec è presente anche un calco in gesso che credo sia fruibile per i non vedenti. La sua presenza è comunque per tutti un valido aiuto in quanto il colore brunito del bronzo e il fatto che il lampadario vada osservato a testa in su perché appeso al soffitto, rendono difficile un'attenta osservazione di tutte le figure che lo decorano.



Documentandomi in rete ho capito che non esiste una interpretazione univoca del significato di questa opera. Quella che mi ha convinto ed affascinato di più è che si tratti di una rappresentazione simbolica, allegorica appunto dello scorrere del tempo e della vita. La lettura procede analizzando i cerchi concentrici sui quali sono disposte le figure, dall'interno verso l'esterno.






Al centro di questo oggetto che spandeva luce ci si aspetterebbe di trovare un simbolo solare. In realtà, nel disco più piccolo troviamo un gorgoneion con una smorfia inquietante, la bocca spalancata, i canini aguzzi, la lingua pendente e intorno a questo volto tanti serpenti e una decorazione ad onde.
Potrebbe comunque trattarsi del sole, non nella sua accezione benefica, ma in quella più terribile e spaventosa.
Procedendo verso l'esterno, nella circonferenza successiva troviamo 4 gruppi di animali, in ciascuno 2 fiere divorano 1 animale domestico: 2 lupi mangiano 1 porco, 2 leoni sbranano 1 cavallo, 1 belva non identificabile con 1 grifone strazia 1 bue e altri 2 lupi ghermiscono un cervo. In tutto sono 12 animali, tanti quanti i mesi, raggruppati in 4 trimestri: il loro circolo dunque compone il cerchio dell'anno. Apparentemente è una visione parecchio pessimistica del ciclo cosmico nel quale a soccombere sarebbero solo gli animali miti e domestici.
Ma come si sa, vivere significa anche divorare e soppiantare altre esistenze. In questa ottica il gorgoneion centrale potrebbe essere il sole nel suo aspetto più spaventoso, simbolo del tempo, del suo scorrere continuo, inarrestabile, fatto di vita e anche di morte, capace di comprendere al suo intermo tanto il mistero della nascita quanto quello della morte.
I 12 animali sono seguiti da un cerchio di onde che richiamano l'acqua corrente, sempre in moto, mai uguale a se stessa, un simbolo molto diffuso a quel tempo. In questa ottica, anche i serpenti che circondano il gorgoneion centrale, così arricciati e sinuosi, potrebbero ricordare il movimento di un corso d'acqua.



Ed eccoci arrivati al cerchio più esterno sul quale si alternano sileni e sirene. I primi hanno sulla testa una tenia e suonano la syrinx o il doppio aulòs e sotto i loro piedi si innalzano onde stilizzate su cui guizzano dei delfini. Le seconde, con la testa leggetmente all'indietro e la bocca aperta, le braccia piegate sul petto in un gesto cultuale, erano figlie della Terra e del fiume Acheloo di cui si hanno qui 16 protomi in forma di toro androcefalo.
Anche qui domina l'alternanza: il maschile e il femminile, le cose celesti e quelle terrene, l'alto rappresentato dalle ali delle sirene, e il basso rappresentato dai delfini sulle onde. In corrispondenza di queste 16 figure alternate brillavano le fiamme di 16 lampade, numero che rimanda alla tipica suddivisione etrusca del cielo in 16 regioni a scopo divinatorio come già largamente attestato da Cicerone, Livio e Varrone.



Ed eccomi qua, sotto il grande lampadario e la sua fichissima installazione al Maec di Cortona.
Se vi capita, andateci. La città merita già di per sé, ancor più se si visitano l'Accademia Etrusca ed il Museo Diocesano. E se cercate compagnia, fischiate, son sempre pronta io!

mercoledì 7 maggio 2014

Spezzatino cremoso

Quando ero bambina e le redini della cucina erano in mano alla nonna Lea, spesso mangiavo lo spezzatino con le patate. Io me lo ricordo morbido ma ogni volta che ho provato a farlo mi è venuto duro da batterlo nel muro.
Un po' perché sono ignorante in fatto di carne, un po' perché ho l'impressione che il macellaio, non me ne abbia la categoria, ti rifili qualsivoglia pezzo di manzo/vitello assicurandoti, giurando e spergiurando che è tenero come il burro.
Ma quando mai!
Per molto tempo dunque ho soprasseduto, ma ultimamente ho voluto riprovare scegliendomi da me un pezzo di vitello già confezionato nella vaschetta, all'apparenza molto morbido.
L'ho tagliato in bocconcini piuttosto piccini, senza eliminare il grasso e ho deciso di cucinarlo ispirandomi ad un altro secondo che mi faceva la nonna, il petto di pollo al latte che io adoravo.
Per due persone, me e il ragazzino tanto per esser precisi, ho infarinato 300 gr di questi bocconcini e li ho rosolati in padella con un po' di olio e aglio. Li ho girati più volte in modo da farli rosolare bene su tutti i lati, ho aggiunto il sale e delle erbe aromatiche. A me piacciono molto sia fresche che essiccate. Potete aggiungere quelle che preferite; io ho messo salvia, rosmarino ed erba cipollina, tutti secchi. Ho fatto insaporire brevemente ed ho aggiunto un po' di brodo. La cottura in tutto non ha superato i 10 minuti. A fuoco spento, con la padella ancora calda ho aggiunto del latte e ho chiuso col coperchio. Prima di cena ho riscaldato lo spezzatino a fuoco bassissimo e una volta spento ho grattugiato sopra un po' di buccia di limone. Buonissimo!


domenica 4 maggio 2014

Luoghi da non perdere

Ormai lo sanno anche i muri che la zia della mia mamma abitava a Montalcino e che andavamo abbastanza spesso a trovarla fermandoci da lei dei giorni durante l'estate.  http://nelmondodilu.blogspot.it/2013/08/eredita-lontane.html

Nei miei ricordi Montalcino si lega indissolubilmente all'immagine di Pienza e della Valdorcia. I miei occhi riconoscerebbero quei paesaggi, quelle curve e quei colori fra 1000.
Da tanto tempo desidero tornarci, solo che per un motivo o un altro non ci riusciamo mai.

Qualche settimana fa tramite Facebook e Twitter mi sono imbattuta, senza cercare, in varie foto di una chiesetta della Valdorcia che non avevo mai visitato e di cui ignoravo l'esistenza.

Percorrendo la SS146 da Pienza in direzione di San Quirico d'Orcia, nella frazione di Vitaleta, sulla sinistra, in cima ad una collina si staglia un piccolo edificio sacro, la Cappella della Madonna di Vitaleta che custodiva al suo interno una statua della Vergine realizzata da Andrea della Robbia, acquistata, si dice, nel 1533 in una bottega di Firenze.




L'edificio, ricordato per la prima volta in un documento del 1590, ha una aula unica, la facciata rivestita di pietra si Rapolano, con un piccolo rosone posto sopra il portale architravato. Lateralmente la facciata è delimitata da due lesene, una a destra e una a sinistra, sulle quali poggia il frontone sommitale nel cui timpano è posto uno stemma gentilizio.



Le parete laterali sono rivestite di pietra così come quella posteriore alla cui sommità si leva un campanile a vela con due celle campanarie contigue ad arco tondo.









Un ottima scusa per andare!

Nota: tutte foto trovate in rete.