martedì 26 agosto 2014

Traduzioni e fissazioni

Si lo so, quella di confrontare il titolo originale di un libro con quello della traduzione italiana è diventata una fissazione: ho postato, tuittato e instagrammato in merito, però...
Capisco che alcuni titoli siano difficili da rendere nel passaggio dalla lingua originale, che poi nel mio caso è quasi sempre l'inglese, alla nostra. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, una traduzione letterale, fedele, sarebbe possibilissima. E invece vengono fuori dei titoli quasi sempre ad effetto, a volte attinenti la storia, altre totalmente estranei.
E  in moltissimi casi, una traduzione letterale del titolo originale non solo sarebbe possibilissima ma anche assai più legata alla storia e a certi dettagli importanti, fondamentali e significativi della storia stessa.
Per esser più chiara, vi faccio degli esempi. Che oggi, come vi potrà apparire chiaro, non c'avevo nient'altro da fare  ;-)  !


Ecco il primo esempio: un libro che mi è piaciuto tantissimo. Avrei preferito il titolo originale perchè la vita tranquilla di Ginny e William cambia in un solo weekend con gli arrivi, appunto, imprevisti dei loro tre figli ormai grandi, chi con prole e senza più un marito, chi con moglie bisbetica in attesa e chi senza più un lavoro.


Il secondo esempio è quello di questo libro che mi ha regalato la carissima Cristina. Basta arrivare alle pagg. 39 e 40 per capire il perché. Quel modo di mangiare un cupcake descritto da Julie non è secondo me fine a se stesso, ma riassume in sé molti momenti della storia e tratti del carattere della giovane donna.


Questo libro è stato letto, divorato da tantissime persone. Mi è piaciuto davvero molto. Peccato per la traduzione del titolo. Riconosco che è di effetto e segue il concetto piuttosto semplice per il quale se dici Tiffany associ i diamanti. È matematico. Eppure, il titolo originale ha un legame strettissimo con la storia, perché qualcuno farà trovare a Cassie, la protagonista un regalo speciale sotto il grande albero di Natale in quello scintillante negozio ed è proprio in quel luogo, in quella festa che si svolge la significativa scena finale.


E poi questo libro meraviglioso che mi ha prestato il mio babbo. Una storia legata alle vicende della Germania nazista e alla persecuzione degli ebrei. Il titolo italiano ha il suo perché in quanto la storia si basa tutta sui ricordi, sul flusso costante fra passato e presente. Ma il titolo originale è a mio avviso perfetto perché essere la figlia del fornaio è una caratteristica fondamentale della storia di Elsie. Non riesco a spiegarlo bene, ma se si legge la storia si capisce perfettamente...


E infine, l'ultimo libro che ho letto e apprezzato moltissimo perché ambientato in un periodo che mi affascina molto e perché mi ha fornito tante informazioni dettagliate e rispondenti al vero su cose e personaggi che non conoscevo. Anche in questo caso c'è un evidente differenza fra i due titoli. Quello della traduzione italiana è accattivante e di effetto, va detto, e ha una certa attinenza con il contenuto, ma quello originale è perfetto perché l'autrice stessa dice che l'estate del '45, trascorsa a lavorare appunto da Tiffany, ha cambiato e plasmato la sua vita.

Ah, anche il libro che ho per le mani adesso non è da meno: Trisha Ashley - Cosa indossare al primo appuntamento, titolo originale Chocolate shoes and wedding blues. Forse difficile da rendere in italiano...ma, arrivata a pag 254 non mi sono ancora imbattuta in consigli su cosa indossare al primo appuntamento, ma ho già sentito molto parlare di scarpette di cioccolato e rimpianti per due matrimoni non celebrati per motivi molto diversi.
Curiose/i?? Non avete che da leggere!! 

lunedì 25 agosto 2014

La forza delle parole

Quando scegli di vivere, o ti ritrovi a farlo, lontano dal posto dove sei nato e cresciuto, la nostalgia è sempre dietro l'angolo.
Non serve stuzzicarla o suscitarla. Arriva anche da sé, anche quando sembra non esserci alcun motivo. Anche quando sei sereno e non hai insoddisfazione alcuna. 
E poi, nel mio caso,  la nostalgia va a periodi. Questo lo è, da sempre. Quest'anno forse anche un po' di più, perché non torno a Firenze dalla fine di aprile.

E ieri, mentre mi stiracchiavo sul lettino al mare, ho pensato che non mi sono mai chiesta l'etimologia di questo sostantivo. Così, ho fatto appello ai miei ricordi di greco antico e ho controllato online la definizione della Treccani. E infatti...


Un desiderio, così forte da diventare dolore, di tornare. 
Nóstos in greco è appunto il ritorno. Come quello rocambolesco, sofferto, affascinante e pieno di scoperte e peripezie di Odisseo, o di altri eroi greci dopo la distruzione di Troia.
In pochi secondi ed un clic, un'etimologia mi ha spiegato uno stato d'animo e si è trascinata dietro un mondo di ricordi. E così, altra nostalgia!


domenica 17 agosto 2014

Vacanze

 Dunque sarei un'ottima segretaria. E potrei anche cimentarmi come guida turistica ed organizzatrice di brevi tour. Non come professionista, eh, ma a livello amatoriale, per amici e parenti.
Ovviamente sto scherzando, però mi piace organizzare i giri, cercare notizie sui posti da vedere, cosa visitare, dove bighellonare. Questa per me è una parte importante ed integrante del viaggio. Si arriva più preparati, non si perde tempo e in un certo senso il tempo del viaggio si dilata un po'.
Ma a volte è bellissimo andare anche senza aver preparato niente, come è successo in questo caso visto che abbiamo pensato di partire per tre giorni la domenica pomeriggio e fissato il b&b il lunedì in tarda mattinata per il martedì.
Non ho avuto il tempo di preparare nulla se non le valigie, cominciando, al solito, dalle medicine, ricordandomi tutto, persino il cuscino di mio marito, ma scordandomi di spazzola e pettine per me!
Vabbè!
 In parte però ero preparata perchè siamo stati nella zona del Lago Trasimeno che avevamo visitato io e Daniele da soli una ventina di anni fa. Era un po' che volevo tornarci, con Lorenzo, e prendere l'occasione per sconfinare da lì, in toscana nella zona di Pienza dove non andavo da secoli. E invece da bambina/ragazzina ci andavo praticamente tutti gli anni. Ho portato con me solo la mitica guida grigia del TCI con Toscana, Umbria, Marche che il babbo ha acquistato tanti anni fa e che mi ha lasciato portare via con me. Per me resta ancora insuperabile, descrive tutto in modo semplice ed essenziale ed è snella, compatta. Quando parto organizzata faccio le fotocopie delle pagine che mi interessano per averle con me.
Il lago era bello, come lo ricordavo. C'è un'atmosfera strana ed affascinante lì, come di tempo sospeso, gioiosa quando splende il sole, ma subito malinconica appena si affacciano le nuvole. Forse anche un po' retrò.


La nostra casa è stata Castiglione del Lago. Appena arrivati siamo andati al molo dei traghetti per andare all'isola Maggiore. Abbiamo girato un po' nei dintorni del moletto, ci siamo sdraiati sulla spiaggetta, preso un cappuccino e atteso che la nostra stanza fosse pronta.
Castiglione mi piace proprio, tutto allungato su una penisoletta. Il paese vecchio sta su, sul crinale, guarda il lago su tre lati, al di sotto tutti olivi, giù fino alle rive del lago dove abbiamo trovato ampi parcheggi, sia liberi che a pagamento, una bella pista ciclabile, ristoranti, bar e piccoli stabilimenti, ma anche aree libere dove potersi godere il sole, l'aria, l'ombra degli alberi.






Poi verso mezzogiorno abbiamo preso la macchina e siamo saliti su in paese per mangiare.
Castiglione si snoda tutta attorno alla via principale, via Vittorio Emanuele, piena di bar, enoteche, botteghe di abbigliamento, cuoio, bigiotteria, negozi di souvenir e, sopratutto, di prodotti tipici: salumi, formaggi, olio, vino, tartufi, confetture, barattolame vario. C'è da perdere la testa!


Noi ci siamo fermati in uno di questi negozi che si sono organizzati proponendo dei taglieri di salumi e formaggi locali, accompagnati da pane e la tradizionale, buonissima, torta al testo, da consumare in piccoli tavolini messi nell'interno del negozio o all'aperto su barili riadattati a piani di appoggio.
Visto il sole ed il discreto caldo, siamo stati dentro. Pranzo ottimo, abbondante e contenuto nel prezzo.
Fuori in pieno sole, stranieri biondi come il grano e bianchi come la mozzarella, mangiavano lentamente innaffiando il tutto con bichierozzi di vino! Sono un vero spettacolo!
Il paese ha poi numerosi vicoli laterali carini da visitare e la zona molto suggestiva, sopratutto di notte, in fondo al corso dove si trovano il palazzo della Corgna e la fortezza. E l'ospedale ospitato in un decoroso palazzo d'epoca.



Poi abbiamo portato tutto nella nostra stanza, lasciato lì la macchina e siamo andati a piedi, meno di 5 minuti, a prendere il traghetto.
La navigazione sul lago si effettua tutto l'anno, in estate le corse sono intensificate. Il Trasimeno ha tre isole, una privata, le altre due visitabili. La Maggiore è raggiungibile (in estate) da Castiglione, da Passignano e da Punta Navaccia (Tuoro).
Noi abbiamo impiegato 25 minuti durante i quali mi sono rifatta gli occhi guardando tanto bellezza.



Arrivati all'attracco sull'isola, si può scegliere fra sedersi all'ombra della piazzetta animata dal bar ristorante, da un negozietto e dal chiosco dei souvenir, o bighellonare fra la manciata di case lungo la via principale, curatissime, piene di fiori e molte con scesa al lago, visitare il museo del merletto, guardare le donnine che lavorano il merletto irlanda sedute sulle seggiole di legno, davanti alla porta di casa, oppure fare a piedi il giro dell'isola. Il primo tratto costeggia il lago ed è accessibile a tutti, a piedi, con passeggini o in bici. Poi, dalla statua di San Francesco, le cose si complicano. Niente di che, intendiamoci, ma si sale su, abbastanza, nel bosco, su un terreno piuttosto accidentato, con ciottoli, lastroni irregolari di pietra e radici sporgenti di alberi. Il profumo però è inebriante, l'ombra incoraggia, gli scorci sono un premio. E poi, quando il cuore sembra scoppiarti, arrivi in cima, alla pieve di San Michele Arcangelo.


 L'aria sa di polvere, le cicale cantano a tutta birra, incroci gente più disfatta di te, cagnolini che ansimano, una giovane donna col parasole di merletto color bianco sporco, un giovane in mountain-bike. Mi son seduta all'ombra del cipresso e mi chiedevo se fosse un film o la realtà. Da lì, verso il paese, è tutta discesa (povere gambe) fra una distesa di ulivi ed infinite tracce del passato.

Se ci andate, indossate scarpe comode e portate con voi acqua e direi anche qualcosa da mangiare.



Il giorno successivo siamo andati a Montepulciano dove si arriva percorrendo una strada che si snoda nella campagna fra Umbria e Toscana. Abbiamo lasciato l'auto in un parcheggio in basso, sotto la collina sulla quale è adagiata la cittadina e ci siamo arrampicati su, perché a noi le cose semplici non ci piacciono, con lei giù, alle nostre spalle, la chiesa di San Biagio 


e siamo sbucati di fronte alla Fortezza Medicea, a due passi dalla piazza principale dove si trovano il duomo con la sua facciata incompiuta e il palazzo comunale con la facciata in travertino, realizzata da Michelozzo nella prima metà del '400.


La straordinaria somiglianza con Palazzo Vecchio fu voluta da Cosimo I de' Medici.
Tanto per non farci mancare nulla siamo saliti sulla torre. Il prezzo (5€) è esagerato, ma la vista spettacolare.


Montepulciano ha moltissimi bei palazzi rinascimentali modellati su quelli fiorentini e romani dell'epoca, che le danno un aspetto signorile, austero ed elegante. Sono belli, senza fronzoli.
Sulla piazza  il palazzo del Capitano del Popolo, affiancato dal Palazzo Nobili Tarugi progettato da Antonio da Sangallo il Vecchio come il Pozzo con i leoni e i grifi che si trova fra i due.



Antonio da Sangallo progettò anche il Palazzo Contucci che si affaccia sull'altro lato della piazza, a sinistra guardando il duomo.



Fra tutte le cose viste nella nostra passeggiata, quella che mi è piaciuta di più è via Ricci percorsa in discesa dalla piazza e poi in salita tornando indietro: è un susseguirsi di bellissimi palazzi che creano un'atmosfera particolare, almeno per me, di salto indietro nel tempo.
Qui troviamo Palazzo Sisti che ospita la biblioteca Comunale e di fianco il Palazzo Neri Orselli, esempio di gotico senese sede del Museo Civico.

E poi Palazzo Ricci, sede dell'Accademia europea di musica e arte, con la sua loggia da cui si gode la vista di un bellissimo panorama






Poi con la macchina siamo andati a visitare la chiesa di San Biagio che si raggiunge percorrendo un viale di cipressi. Fu realizzata da Antonio da Sangallo il Vecchio all'inizio del '500 e fu il prototipo di ispirazione per altri edifici simili, uno fra tutti la meravigliosa Santa Maria Nuova a Cortona.



Avrei voluto vederla meglio, ma nel prato antistante stavano girando un film o una fiction e non ci si poteva avvicinare più di tanto.

La tappa successiva è stata Pienza. Il posto dove volevo tornare da tempo. Il cuore della città è la piazza Pio II. A guardarla colpisce per la sua bellezza, l'armonia, i colori. In realtà, studiando un po', si scopre che quella bellezza è il frutto di calcoli, di scelte architettoniche ben precise, tipiche del pensiero del Rinascimento. E che mi hanno sempre affascinata irrimediabilmente. Per me, appassionata di quell'epoca, di quel pensiero e di ciò che ha prodotto, la città di papa Piccolomini è come il paese dei balocchi!
La visita, secondo me, richiede tempo. Noi ne avevamo, ma i miei uomini non sono molto pazienti quando si tratta di visitare chiese, musei e palazzi. Sopratutto il più grande. Sono riuscita a ritagliarmi la visita al Museo Diocesano. Ma varrebbe davvero, davvero la pena visitare il duomo e l'adiacente palazzo Piccolomini non fosse altro che per godere della stupenda vista sulla Valdorcia che si ha dalla loggia del giardino pensile. 












Pienza è piena di piccoli negozi e botteghe artigiane che vendono prodotti di alto valore, di vicoli dai nomi suggestivi, con balconi, usci e gradini ricolmi di fiori. Curati nei dettagli.



L'ultimo giorno, lasciata la stanza, abbiamo deciso di tornare ad Orvieto dove eravamo stati nel 2004 durante il nostro bagnatissimo viaggio di nozze in tre. Mi sa che Orvieto per noi significa acqua che anche stavolta non è mancata ma non ha rovinato il nostro giro in questa città affascinante. La ricordavo bella e suggestiva, ma non così.
Osservando la mappa sulla guida ho fatto in modo di lasciare la macchina nel parcheggio non a pagamento di piazzale Cahen in modo da arrivare in centro percorrendo Corso Cavour che, come ricordavo, è pieno zeppo di negozi, botteghe, palazzi e su di esso si affaccia anche il teatro neoclassico, dove tra l'altro ho preso un ottimo caffè, che non guasta mai.



Anche ad Orvieto ci sono dei vicoli, degli scorci bellissimi e tanti angoli curati, pieni di dettagli e cose curiose.


Ho visto molti negozi che vendono articoli particolari, di non larga diffusione e molti prodotti di artigianato.
E poi c'è il Duomo che stavolta abbiamo visitato con calma, seguendo passo passo tutte le indicazioni riportate sulla brochure che ci hanno consegnato al momento di fare il biglietto.
A Lorenzo è piaciuto moltissimo. Io vi dico solo che avrei potuto tranquillamente passare tutto il pomeriggio ad osservare gli affreschi di Luca Signorelli e Beato Angelico nella Cappelladi S.Brizio con quei corpi nudi che sembrano scivolare giù dalle pareti e quelli di Ugolino di Prete Ilario nella Cappella del Corporale.
Poi ci siamo dedicati ad osservare attentamente l'esterno.



Io sinceramente, sarei rimasta anche di più, avrei voluto avere più tempo, guardare meglio le cose che piacciono a me, ma posso dirmi soddisfatta. In fondo, mica viaggio da sola??

Spero che questo post mi aiuti a fermare i bei ricordi di questa vacanza e magari può essere uno spunto per il weekend di qualcun altro che si trova a corto di idee!
Ho caricato tutte le foto nell'album su Facebook. Se siete curiosi!

mercoledì 6 agosto 2014

A giro con Lorenzo

Finito il centro estivo, se fosse per mio figlio, lui se ne starebbe sempre a casa. Un po' per pigrizia, un po' per il desiderio di starsene tutto il giorno a giocare con pc, ipad e Nintendo.
Siccome non è fattibile questa cosa, io lo pungolo, lo spingo ad uscire. Alla fine lo costringo. E contrattiamo. E patteggiamo.
Però poi, quando è fuori, non mi sembra che soffra più di tanto, anzi!!
Da un po' di giorni avevo pensato di andare a fare con lui una passeggiata in centro a Jesi, di mercoledì, giorno di mercato, così avremmo potuto vedere quello e i vari negozi in un solo giro.
Jesi è una città piccola, ma ricca di cose da vedere ed esplorare, anche per chi ci abita.
Si è fatta amare da me lentamente, col passare del tempo. All'inizio non avevo capito la sua bellezza, forse perché Daniele mi portava nel corso, nella piazza. Io piano piano, ho cominciato ad esplorare i vicoli, ad alzare gli occhi, osservare i palazzi e spesso portavo con me in queste escursioni/incursioni una guida della città (Jesi città bella sopra un fiume) che mi aveva regalato proprio lui per un Natale quando ancora abitavo a Firenze.
Ora so che la parte che più mi piace della città è quella compresa fra piazza Spontini e Porta Bersaglieri, cioè il centro storico di impianto medievale.
Stamani abbiamo lasciato la macchina al parcheggio in piazza delle Erbe 


qui si affacciano le antiche mura con finestre e balconcini fioriti



su questanpiazza si affaccia anche il mercato


da lì abbiamo preso la scala mobile, ricavata dentro le mura,che porta praticamente in centro


sulla destra si trova il Teatro dei Profumi e dei Sapori nel Palazzo Balleani Vecchio
Nei giorni di mercato, le strade sono piene di bancarelle, fino al Duomo ed è la che ci siamo diretti fiancheggiando il Palazzo Ghislieri vecchio (suppongo!).



Ed eccolo là il Duomo, visto da via degli Orefici dove fra l'altro c'è anche questo delizioso negozietto.


E siamo arrivati in piazza del Duomo


Io la chiamo così, ma sbaglio, questa, infatti, già piazza San Floriano, è piazza Federico II perchè in questa area, che corrisponde a quella dell'antico foro romano, sarebbe nato, il giorno di Santo Stefano del 1194, sotto un padiglione eretto appositamente, Federico II di Svevia. In segno di onore e riconoscenza per i privilegi concessi alla città, gli jesini decisero di cambiare il toponimo della piazza intestandola all'imperatore, vista anche la tradizione ghibellina del comune.
Sulla piazza si affacci anche il palazzo Ripanti il cui nucleo originale risale al XV sec.



Poi abbiamo percorso a ritroso un pezzo di via degli Orefici e, su suggerimento di mia suocera, mi sono fermata a vedere la nuova biblioteca comunale ricavata al piano terra del Palazzo della Signoria in quella che era la Sala d'Armi, trasformata nel 1548 in Salara, cioè deposito del sale, dove ricordo di aver ammirato, una ventina di anni fa, una serie di statue, cippi, iscrizioni e reperti di età Romana. Ora devo assolutamente scoprire dove è stato ricollocato l'Antiquarium!



Mi piace molto la compresenza di materiali diversi, mattoncini, legno, metallo chiaro, sintesi di passato e presente. E poi c'era un gran buon profumo di nuovo ;-) !!



Il Palazzo della Signoria è il vero gioiello a mio avviso: edificato fra il 1486 e il 1498 su progetto del senese Francesco di Giorgio Martini che ha lasciato traccia della sua mano in tantissime costruzioni di varie località delle Marche.
Bellissimo il cortile interno col pozzo ed il leone






E questa è la facciata col leone rampante, simbolo della città, scolpito su disegno di Francesco di Giorgio Martini.



Le finestre sul fianco del palazzo mi fanno venire in mente il palazzo ducale di Urbino...


In piazza Colocci si trovano anche l'ex chiesa di S. Agostino col convento (finestra del sec. XVII)


il Palazzo Bisaccioni appartenuto all'omonima famiglia,costruito nel medioevo in parte sulle fondamenta dell'antico teatro romano, sede dal 1870 della Cassa di Risparmio di Jesi


e il Palazzo Colocci. Quello che vediamo oggi è il risultato di una serie di interventi realizzati nei secc. XVI e XVII.


E tra una foto e un banchetto del mercato si era fatta l'ora giusta per uno spuntino, oggetto della contrattazione di mio figlio. Esco se facciamo colazione al bar. Gli piace un sacco, ama il salato ed ogni scusa è buona per stuzzicare qualcosa fuori, come dice lui.

Ci siamo fermati in piazza della Repubblica


al bar del Teatro che ha i lampadari tutti diversi uno dall'altro


Ma, abituati agli standard alti (qualitativi, quantitativi, di pulizia, simpatia ed accoglienza)  de La Dolce Vita, lo abbiamo bocciato: alle 10 non aveva quasi più niente di salato da scegliere, avevano terminato le bottigline di acqua naturale e il bagno, ahimè cadeva a pezzi. No buono per un bar in pieno centro!!

Sulla via del ritorno verso il parcheggio, mi sono fermata di nuovo nel cortile del Palazzo della Signoria per fare qualche scatto a questi portali





E si, se ve lo state chiedendo, ho fatto anche qualche acquisto! Cineserie, un reggiseno e due libri. Tanto per cambiare!