giovedì 13 novembre 2014

Senza titolo, perché non so trovarne uno

Giorni fa, mentre camminavo a Moie ho incrociato una signora anziana, su una sedia a rotelle, spinta da una giovane badante.
La signora stava a naso in su, lo sguardo rivolto verso i rami di un albero, coperto di foglie di vari colori e di tante sfumature. La giovane si è fermata, ha messo le mani sulle spalle della signora, ha abbassato il viso verso il suo e le ha detto: " Guardi le foglie, Nonna?? Sono belle vero???"
" Belle un bel po'-le ha risposto- e po' chissà se l'arvedo, 'n'antr'anno, cocca mia".
Chissà come deve essere convivere con questa consapevolezza, magari ricacciata in un angolo della mente, magari presa a ridere, esorcizzata in qualche modo, ma comunque presente. Gli anziani devono saperlo...ma anche per noi giovani, voglio dire, vallo a conoscere il destino...forse non è affatto sbagliato cercare di apprezzare il presente, gustarselo, fare ora le cose, viverle, anziché rimandare perché i nostri programmi prevederebbero altro...
E l'autunno offre tanti spettacoli da guardare, da imprimerci nella memoria.
L'autunno coi suoi colori, la sua vita, il suo calore, sulla linea di confine, ad un passo dal gelo, dal grigio dell'inverno, da una temporanea non-vita.
Amo l'estate e si sa, ma l'autunno mi assomiglia, con quelle sue due facce, il sole, il calore, il colore, le brume, le nubi, la pioggia, il grigiore, il cadere delle foglie, il "morire" della natura.
Due facce che si alternano, a volte nel giro di poche ore. E tutto cambia, la luce, il paesaggio, l'umore. Il mio spesso.
E quest'anno l'autunno mi si addice, un giorno bello, un giorno brutto, un giorno col sorriso, un giorno lacrimoso.  Ma mi piace, lo guardo, lo osservo, lo coccolo. Anche quando è imbronciato e non al suo meglio. E mi rispecchia, mi rimanda nella sua faccia, la mia.
Lo so, vi sembrerò matta.
Alcune cose stanno per cambiare e lo faranno.
Altre potrebbero. E non so se, quando e sopratutto come.
Potrebbe venire il buio. E lo so, ne sono consapevole. Ma ho scientemente deciso di guardare la luce, il lato sfavillante, il giallo e il rosso delle foglie, l'azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, il verde e i mille marrone dei campi, su queste mie amate colline.
Non sto mettendo la mia testa di struzzo sotto la sabbia. So com'è la realtà.
Ma intanto io non mi sono mai sentita così serena, felice, consapevole e presente. A me stessa e alla mia vita.
Quando mi romperò la testa me la fascerò, perché farlo prima???

Quindi, ve lo dico così
















domenica 26 ottobre 2014

Scoperte casuali

 Il posto in cui nasci ti segna per sempre, a maggior ragione se per destino si tratta di una città di fama mondiale. A Firenze vengono persone da ogni dove, armate di buona volontà, guide, cartine, liste per cercare di vedere, nel tempo che hanno a disposizione,quante più opere d'arte disseminate nei grandi musei, nelle chiese, agli angoli delle vie.
Questi tesori per noi fiorentini sono come dei familiari o dei cari amici, li sentiamo nominare quando ancora siamo alla lallazione, entrano spesso nel parlato quotidiano, ci vengono mostrati fin da piccini dai genitori, dai nonni, da un qualche parente amante dell'arte, dalle maestre alle elementari. Almeno per me è stato così.
Per inciso, aggiungo che negli ultimi anni i principali musei hanno organizzato dei percorsi studiati per i bambini che visitano l'esposizioni e le mostre temporanee in modo adatto a loro e questa è una cosa che mi piace tantissimo.
Ora, anche se il patrimonio artistico a noi fiorentini viene infuso col latte materno o nel biberon, la storia della nostra città è stato tanto lunga e importante, che le opere sono un numero così grande da non poterle conoscere tutte; spesso ci sono tesori nascosti in posti impensati, lontani dagli usuali percorsi turistici, manufatti che non compaiono nei comuni libri di storia dell'arte.
Io quando ne scopro uno, mi esalto, letteralmete. E mi chiedo, ma perché non lo conoscevo, perché nessuno me ne ha mai parlato?
Ieri, mentre facevo il mio solito giro settimanale fra Twitter e Instagram, ho avuto una folgorazione di fronte ad una foto. Volevo postare l'opera per la mia abituale #dosequotidianadistoriadellarte ma guardandola bene ho visto tanti di quei dettagli che ho pensato che fosse meglio condividerli mediante un post qui. Magari non interessa a nessuno o a pochi, ma l'arte mi incanta sempre e mi infonde una grande speranza nell'uomo che quando vuole riesce a fare cose meravigliose. Quando vuole.

Dunque, come sapete, la rovinosa alluvione del 4 novembre 1966 danneggiò moltissime case e tante opere d'arte sopratutto nelle aree più vicine al corso dell'Arno. 
In occasione del 40ennale, l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha restituito al Museo di Santa Croce, chiesa vicinissima al fiume e quindi invasa dalle sue acque, ben 8 capolavori di pittura fiorentina dei sec XIV-XVI restaurati.
Fra questi La Discesa di Cristo al Limbo realizzata da Agnolo Bronzino nel 1552. 




La grande tavola (443,5x296 cm) che raffigura la liberazione delle anime oneste nate prima della venuta di Cristo è piena di corpi, nudi, bellissimi,aggraziati, armonici, studiati, raffigurati da ogni angolazione. Al centro la figura luminosissima di Cristo.
Apprezzo molto le opere che hanno un tema sacro, religioso, all'interno del quale entrano più o meno prepotentemente la materialità, la corporeità della vita terrena. In fondo siamo anima e corpo...

Le donne ritratte nell'opera, quasi tutte rivolte verso lo spettatore, sono figure femminili assai note ai tempi per la loro bellezza.






























E qui sotto un tentativo di identificazione dei personaggi presenti nel dipinto.
Io intanto ho aggiunto l'Opera di Santa Croce alla lista, già lunga, delle cose da vedere a Firenze. Non finirò mai. Così dovrò tornare. E tornare.





mercoledì 8 ottobre 2014

Ama e fa ciò che vuoi o anche L'amore è amore

Ci sono argomenti che mi stanno molto a cuore, mi fanno pensare e riflettere praticamente ogni giorno ma  in genere evito di parlarne. Non perché mi vergogni delle mie idee o abbia paura ad esporle, ma perché non mi sento all'altezza, in grado di sviscerare il problema, andare a fondo, capirne bene ogni piega, ogni aspetto nascosto. Quello che potrei dire verrebbe dalla mia pancia, dalla mia emotività. Mia croce e delizia, da sempre. E certe volte, benché io cerchi il supporto del ragionamento, di fronte a certi temi, la pancia continua ad avere la meglio.

Nelle ultime settimane mi sono fortuitamente imbattuta nello stesso tema/argomento, quasi mi rincorresse. Come è successo anche ieri mattina quando nella timeline di Facebook, Barbara ha postato il link a questo video e dopo che mi è frullato e rifrullato in testa tutto il giorno, ho pensato di fare un'eccezione e tirare fuori quel che penso...



Non chiedetemi approcci filosofici, religiosi, antropologici, culturali all'argomento. Non sono preparata. In casa mia di omosessualità non si è mai parlato apertamente forse perché eravamo fatti così e basta, o forse perché la presenza dei miei non più giovanissimi nonni impediva in certo qual modo che lo si facesse. Nonostante questo e nonostante il fatto che io sia stata cresciuta in una famiglia, in un ambiente cattolico e praticante, non ho mai percepito l'omosessualità come un peccato, una colpa, una malattia, una vergogna o una cosa contro natura. Mai.
Ero piccola ma me lo ricordo bene che ciò che sentivo nelle parole, nelle omelie del mio parroco era gioia. La religione che mi (ci) ha insegnato non era cupa, punitiva, incentrata sulla colpa e sul peccato, ma sulla felicità, la bellezza di tutto ciò che ci circondava, l'amore. E il rispetto.
In tutta onestà, non vedo in che modo possa recarmi danno o offesa se due persone dello stesso sesso si amano. Se si sentono una famiglia, se desiderano vivere insieme, trasmettere il loro amore. Se provano quello che io e il mio compagno provavamo l'uno per l'altra. Già, perché anche noi siamo stati per diversi anni degli "irregolari". A dirla tutta questa irregolarità noi non l'abbiamo mai percepita, io da convivente e mamma non mi sono MAI sentita diversa dalle mie amiche regolarmente accompagnate e genitrici. Non sono le etichette a fare le persone, ma ciò che sono.
Nella fattispecie non vedo perché le coppie omosessuali non possano adottare dei bambini. Certo, mi si dirà, un bambino per crescere bene, sano, equilibrato, ha bisogno,accanto a sé di una figura maschile e una femminile. Manco di conoscenze psico-pedagogiche, confesso e sto per dire un'ovvietà gigantesca ma ognuno di noi ha sotto gli occhi figli di coppie "normali" cresciuti in maniera disgraziata, tormentata, infelice. Comunque. Nonostante abbiano un padre e una madre a seguirli fin dalla nascita. Un maschio e una femmina, mi spiego?
L'adozione non è una passeggiata e le coppie che percorrono questa via, peraltro lunga, mi sono sempre sembrate eccessivamente messe sotto esame, passate sotto una lente d'ingrandimento grossa così, alla ricerca della più piccola, infinitesimale incapacità genitoriale. Le altre coppie invece concepiscono e zac, sono genitori. Magari scellerati, ma mai analizzati  a priori da nessuno.
E poi avete notato il senso di superiorità, di giustezza, di menefreghismo di chi, per sua fortuna, non per merito o bravura, si trova nella situazione normale, regolare, socialmente accettata o più semplice?? 'Azzo me frega a me! Mica è un problema mio! E via per la mia strada.

Sarà che io sono una semplice, una sentimentale, ma io penso sempre ai bambini, alla loro felicità, alla possibilità di avere una vita migliore con una coppia serena, stabile e responsabile. Sia essa omosessuale o etero. Ci ho pensato spesso, ho fatto da me e per me l'avvocato del diavolo, ho cercato di guardare in tutte le direzioni, i pro e i contro. Ma non ho trovato una superiorità assoluta dell'una sull'altra. È inutile fare i cinici. L'amore esiste e fa la differenza. Non la sessualità delle persone.

E sì, sì, lo so, è solo uno spot creato ad arte per vendere cereali pieni zeppi di zuccheri...

P.S. Una cosa però vorrei dirla: sono stufa di vedere in tv omosessuali ridotti sempre a macchiette. È sciocco e controproducente. Sarebbe meglio, a mio avviso, che non si prestassero a questo giochino.

E poi scusatemi, ma prima di pubblicare il post mi è venuta in mente una cosa da aggiungere e ormai devo dirla: chi davanti all'omosessualità storce gli occhi, il naso, la bocca e tutta la persona e trancia giudizi di una violenza e cattiveria inenarrabili, dovrebbe prima di aprir bocca o digitare, fermarsi a pensare che un domani potrebbe scoprire che il figlio o la figlia sono omosessuali. Vedi allora come cambierebbero le cose...

domenica 5 ottobre 2014

Arrostino ripieno con contorno di patate, scalogni e uva rosa

Non sono una grande amante della carne e dei secondi in generale, quindi mi piace trovare e sperimentare qualche ricetta che li renda attraenti come questa. Non è proprio di mia invenzione, diciamo che ho aggiustato ai nostri gusti una nella quale mi sono imbattuta girando nel web.
L'idea era quella di usare un filetto di maiale ma giustamente il macellaio mi ha fatto notare che era troppo piccolo per essere aperto e che poi avrei avuto difficoltà ad arrotolarlo da farcito.
così ho ripiegato sul petto di tacchino.
Buffo quando quel pezzo di carne diventa piatto, sottile e srotolato come una grande braciola!!!

Dunque vi serviranno:

un petto di tacchino aperto a libro
4/5 scalogni
pane raffermo 150/200 gr
1 uovo
salvia fresca o secca
timo fresco o secco
buccia di un limone
latte
sale
pepe
olio
vino bianco
brodo
patate
10 acini di uva rosa

Accomodate il petto di tacchino su un tagliere, spolveratelo di sale fine e mettete un po' di olio.
Nel mixer tritate il pane secco con salvia e timo fino ad avere una sorta di pangrattato e mettetelo in una ciotolina. Pulite e tagliate a pezzetti due scalogni piccolini e rosolateli in padella con un filo di olio poi uniteli al pangrattato, con l'uovo e la buccia grattugiata del limone. Seguite il vostro gusto e se tutta vi sembra troppa, mettetene una metà. Aggiustate di sale e pepe o peperoncino e se vi sembra troppo asciutto potete aggiungere un po' di latte o dell'olio, poi distribuite tutto questo composto sul tacchino. Arrotolatelo ben stretto, legatelo con lo spago da cucina e fatelo sigillare bene su tutti i lati in una padella unta di olio. Sfumate con del vino bianco e lasciatelo evaporare.
Trasferite il tutto in una teglia coperta di carta forno, unite un po' di olio e iniziate a cuocere a 180/200C, irrorando di tanto in tanto col fondo di cottura e aggiungendo del brodo caldo in piccole quantità.
Nel frattempo sbucciate le patate, riducetele a tocchetti e sbollentatele per un po' in acqua. Sbucciate gli scalogni e tagliateli in quarti.
Mettere nella teglia dell'arrosto le patate e gli scalogni, unendo olio, sale e pepe.
Quasi a fine cottura aggiungete l'uva ben lavata, infornate ancora qualche minuto e buon appetito!!


Torta con more, lamponi e cioccolato bianco e le infinite declinazioni di una ricetta

Credo di aver detto, scritto e postato più volte che mi sono da subito innamorata di questa ricetta di Natalia perché è semplice, veloce, buonissima e di grande effetto. E l'ho declinata in tante varianti, cambiando forma ( torta, muffin, plumcake) o frutto (pesche, albicocche, susine). Il risultato è sempre ottimo!!!
Qualche giorno fa, girando fra gli scaffali del supermercato ho visto che c'erano le vaschette dei frutti di bosco, scontate fra l'altro, così ho preso una confezione di lamponi e una di more, pensando già che le avrei messe in una torta usando come base, come "canovaccio", la ricetta di Natalia.
Per me frutti di bosco chiamano limone, col suo gusto fresco e deciso. Ma stavolta, visto che quel giorno era decisamente freschino, ho pensato di sostituirlo con un gusto più morbido, dolce e avvolgente. Come una copertina. Della quale di lì a poche ore non c'era già più bisogno. comunque...

Ho sostanzialmente seguito la procedura e gli ingredienti di Natalia escludendo le mele, che ho sostituito con un totale di 250 gr di frutti di bosco, la cannella, il succo di limone.
Ho accomodato il composto nella teglia di carta forno e sulla superficie ho distribuito i frutti lavati e l'ingrediente "segreto", il cioccolato bianco, sbriciolato. Quanto??? Ho fatto ad occhio!
Ricordatevi che, se rimane, come è successo a me, in superficie tende a caramellarsi e a diventare un po' gommoso. Se questo effetto non vi piace potete mescolarlo all'impasto prima di trasferirlo nella teglia oppure spingerlo un po' in basso con un cucchiaio una volta adagiato sulla superficie.

A me la torta è piaciuta molto e sono riuscita a nasconderne una buona parte nel freezer pronta per le mie colazioni e le merende a scuola di Lorenzo!


giovedì 25 settembre 2014

Passeggiata a Jesi


Il 22 settembre è San Settimio, il patrono di Jesi. Festa grande, tutto chiuso! Seguono tre giorni di fiere, un grande mercato che occupa gran parte del centro cittadino e anche alcune aree che si trovano più in basso. Andare alle fiere è una tradizione radicatissima, che affonda le sue radici indietro in un tempo in cui c'erano meno negozi e quindi questo distesa di bancarelle portava novità e grosse occasioni.
Si facevano dei veri e propri affari. Oggi è sostanzialmente identico ad un mercato settimanale. C'è tanta paccottiglia, intendiamoci, ma a volte si possono trovare degli articoli a prezzi vantaggiosi.
È rimasta invece immutata la tradizione di "comprarsi la fiera": cioè, se vai alle fiere, non puoi tornare a casa a mani vuote. Può,essere anche una stupidaggine, ma deve esserci!
E con tutta quella roba, vuoi che non ti si attacchi qualcosa alle mani??
Ognuno poi ha le sue strategia su quando, dove, come, con chi, in che ora andare e su dove sia meglio tentare di trovare un parcheggio. Io ci vado per vedere le bancarelle, non per incontrare gente o far vedere che ci sono andata, quindi non avendo obblighi di orario legati al lavoro, vado di mattina quando la situazione è vivibilissima, si cammina bene e le bancarelle non sono assediate dalle persone.
Ieri mattina ho lasciato la macchina vicino a Mc Donald, ho fatto colazione lì e poi sono andata a vedere le bancarelle nella parte bassa della città. Ieri pomeriggio siamo stati tutti in centro, dal Duomo fino all'Arco Clementino, Lorenzo con gli amici (primissima uscita da solo!), io con mio marito.
Stamani ci sono tornata e con meno gente mi sono goduta tutto di più. Ho parcheggiato sul viale, nella zona a disco orario e sono andata su a piedi, pensando di non trovare posto, che invece c'era. Ho fatto una bella passeggiata, scattato alcune foto visto che non c'era pigia pigia, aspettato che le bancarelle aprissero (era prestino!), guardato tanto e fatto una sosta.
Ho anche acquistato qualcosa. E non solo per me!















E con stamattina pensavo di aver chiuso con le fiere 2014. Pensavo. Perchè qualcuno ha chiesto di tornarci stasera. Dice che vuole le olive pugliesi. Può forse rimanere senza??

lunedì 22 settembre 2014

Plumcake con banana e cioccolato fondente

Cibo, cibo, cibo. Molte persone, vedendo le mie dimensioni pensano che mangiare sia l'ultimo dei miei pensieri. E si sbagliano. Perché l'apparenza inganna, io non sono affatto magra, anzi secca, come mi dicono, e amo mangiare. A modo mio. Che forse è un po' diverso da quello degli altri.
In ogni modo, amo il cibo e ancora di più cucinare e tutto ciò che sta prima del cucinare: scegliere la ricetta, fare la spesa, annusare, lavorare, mescolare, cuocere.
In cucina sto bene, è quello il mio spazio, il mio ufficio. Forse mi piace perché è il lavoro che mi sono scelta, magari se fossi costretta a svolgerlo mi peserebbe. Ma chi lo sa, non ho controprove, al momento.
E attraverso il cibo passano il mio amore, la mia sollecitudine, il mio pensiero per chi mi sta vicino.
I miei maschi sono golosi, uno di dolci, l'altro di salati.
Mio marito cerca sempre qualcosa di dolce in casa e se per qualche motivo non sforno, si riduce a comprare schifezze, tipo i rotoli farciti con marmellata o crema di cacao. La fiera dei grassi in mezzo centimetro quadrato.
Meglio quindi che metta sul tavolo di cucina uno dei miei dolcetti.
Farli non mi costa veramente nulla, ormai ho la mia ricetta base in testa e alcuni trucchetti per rendere il tutto più veloce, lavorando in modo diverso un ingrediente o sostituendone ad uno un altro per sporcare un pentolino in meno e accelerare le operazioni.
Ieri sera, di ritorno da Senigallia, i miei uomini hanno deciso di farsi del male mangiando un paninazzo da Mc Donald, a Jesi. Io ho preferito mangiare qualcosa a casa mentre facevo scaldare il forno e pensavo a cosa mettere nella torta per la colazione di stamani.
Uno dei dolci che faccio spesso unisce il gusto dolce della banana, specie se matura, e quello amarognolo del cioccolato fondente; posso fare una dolce in teglia, un plumcake o dei muffin se ho più tempo.
Ieri sera ho scelto tutte le vie più brevi! ;-)


Ecco cosa vi serve

2 uova piccole
110 gr di zucchero bianco o di canna ( che io aromatizzo con la bacca di vaniglia) o metà e metà
60 gr di burro o 60ml di olio ( io ho usato quello di girasole)
60/70 ml di latte
220 gr di farina 00
1/2 bustina di lievito per dolci
Una punta di bicarbonato
Un pizzico di sale
Una banana
60 gr di cioccolato fondente

Per prima cosa ho montato le uova e lo zucchero, poi ho aggiunto l'olio, il latte e ho mescolato bene con la frusta. Poi ho unito la farina, il lievito e il bicarbonato setacciati e il pizzico di sale. Ho aggiunto ancora un goccio di latte per avere la giusta consistenza e ho trasferito il composto nella forma da plumcake rivestita con carta forno. Sopra ho messo la banana fatta a pezzetti e il cioccolato sbriciolato grossolanamente col coltello. Ho infornato a 180º per circa 30 minuti.


Le varianti possono essere diverse: si può sciogliere il cioccolato, schiacciare la banana e unirli all'impasto oppure farli a pezzetti e unirli al composto prima di metterlo nella teglia.
Io ho scelto il procedimento più rapido che poi si è rivelato essere il migliore per me, perché i sapori si sono mescolati rimanendo al tempo stesso distinti e della loro consistenza. Inoltre, quando schiaccio la banana, trovo che il dolce a fine cottura risulti più gommoso ed appiccicoso.
Per me non c'è una regola fissa, perché si sa, le ricette son fatte per essere variate! 


mercoledì 10 settembre 2014

Firenze: passi, pensieri, foto e letture

 La scorsa settimana ho trascorso qualche giorno a Firenze. Sempre troppo pochi, ma accontentiamoci.
Ho camminato tanto, un po' con Lorenzo, moltissimo da sola. E un passo dietro l'altro la mia mente macinava pensieri, ricordi, sensazioni, idee, ispirazioni.
Ogni volta che ci torno la città mi sembra sempre più bella a dispetto delle lamentele che sento e della tendenza a dire sempre che oggi, domani, saranno sicuramente peggio di ieri.
Forse perché non ci vivo più, forse perché invecchiando detesto sempre di più la lamentosità e il disfattismo dilaganti. Mi chiedo che li facciamo a fare i figli, se siamo convinti che il futuro farà di certo ed irrimediabilmente schifo??
Insomma, passeggiavo e guardavo: la gente, la città, i turisti, i locali. Quante cose si possono vedere e capire! Quante cose hanno colpito la mia attenzione.
Quando ero piccola, i turisti si riconoscevano a naso, da lontano, per l'abbigliamento e le ciabatte ai piedi, ora è tutto il contrario, visitano la città "addobbati" spesso meglio di noi.



Abbiamo passato parecchio tempo io e Lorenzo nelle librerie, piene di gente persa fra scaffali e volumi, seduta sulle poltroncine, ai tavoli, intenta a sfogliare e consultare tablet e cellulari e tanti, tanti bambini a giocare negli angoli a loro dedicati, magari con un adulto occupato a  leggere loro una storia. Da Feltrinelli mi sono imbambolata ad ascoltare il discorso serio ed argomentato di un cinquenne biondo. Cose che mi rimettono in pace con la vita. Come un caffè o il budino di riso.


Mi piace da morire piazza San Lorenzo liberata dal mercato. La trovo meravigliosa e vivibile. In barba a tutte le passate polemiche
Il mercato era comunque affollato e gli stranieri facevano acquisti considerevoli, sicché...
Piazza del Duomo e via Martelli pedonalizzate sono una meraviglia e secondo me migliorano la qualità della vita di turisti e fiorentini. Chi vuole andare in centro, ci va comunque. Chi vuole acquistare un prodotto nel negozio x lo farà comunque, anche se deve percorrere un tratto a piedi. Non si può avere tutto, accontentare tutti, si devono fare delle scelte. E la gente deve mettersi in testa che, se non ha problemi di deambulazione, DEVE camminare, non può arrivare ovunque con la macchina sotto il culo e poi spendere fior di quattrini per andare in palestra.
Nel nostro bighellonare io ed il boy avevamo una meta: il mercato centrale col suo rinnovato primo piano. Avevo visto molte foto, alcuni mi avevano detto che sarebbe stato un posto "da me". E quindi ero molto curiosa. E ci sono andata. 



E mi è piaciuto. Ho scelto di assaggiare dei tramezzini spaziali, realizzati al momento con un pane buonissimo, bianco o ai cereali e farciture originali. Lore ha scelto il pane bianco con pecorino e finocchiona, io ai cereali con pomodori e asparagi bianchi.


Il posto è davvero bello, la struttura di fine '800 rispettata e valorizzata. C'erano tante persone sedute a  bere, mangiare e chiacchierare. Tanti italiani e altrettanti stranieri. Fin da bambina, quando passeggiavo in centro o mi trovavo in autobus, ho sempre sentito parlare tante lingue e ricordo la mia eccitazione e soddisfazione, quando ad una certa età imparai a distinguere l'inglese, il tedesco, il francese, lo spagnolo. E poi in seguto, l'inglese dall'americano. Su certe linee urbane, in certi tratti, spesso sull'autobus c'erano più stranieri che fiorentini. Trovarmi in mezzo a loro, al loro modo di essere, di parlare, di vestirsi, di gesticolare e creare espressioni del viso, non mi ha mai fatto sentire esclusa o "invasa" in casa mia, anzi, tutt'altro. Mi ha sempre molto incuriosita, stimolata a capire, a cercare cose che avrei potuto fare mie, spinta ad ascoltare e siccome capivo poco o nulla,ad immaginare. Ed è ancora così, per mia fortuna!






























Con tutte queste soste in libreria, ho cercato di resistere, credetemi, ci ho provato, ma alla fine un libro me lo sono comprato!!
Ho sempre letto tanto in treno ai tempi dei miei "anda e rianda" Firenze-Jesi-Firenze: molti classici, cose di università e anche un po' di tutto.
Ricordo di essermi "bevuta" L'Abbazia di Northanger di J. Austen mentre il treno sbuffava tra i boschi dell'Appennino,in un luminoso mattino di autunno pieno, su quella che io chiamo la linea del West, ovvero la Borgo San Lorenzo - Faenza, non elettrificata.
Stavolta, verso Firenze, sotto il diluvio universale ormai normale per l'estate 2014, ho iniziato, e ormai finito, questo


Sapete che adoro questi librini leggeri, senza troppe implicazioni ed impegno ( che poi anche in questi si possono trovare spunti di riflessione).
Se poi nella storia di questi librini, come quello in questione, si mescolano sentimenti, ricordi, profumi, odori, ricette, spese, manipolazione dei cibi, paesaggi familiari e un tocco di erotismo (un po' di pepe non guasta!) , allora per me è il massimo!
E ormai so anche il perché: perché io sono un po' tutte queste cose, le ritrovo in me, alcune più evidenti, altre più nascoste, alcune in armonia, altre in contrasto. Io amo la città ma mi si addice anche la vita nei piccoli centri, mi piace l'aria che si respira in una capitale, ma non disdegno quella di provincia, sto attenta al cibo che metto in tavola, ma adoro mangiare, mi perdo nei ricordi scatenati dagli odori, anzi a volte li vado proprio a cercare, mi piace, mi rilassa cucinare, mi fa sentire centrata e presente, mi aiuta a mettere ordine nei pensieri, cerco sempre idee per nuove ricette, sono una romanticona sentimentale ma mi piace un po' di pepe, in amore. E nelle storie.
Insomma, vi consiglio questo libro e fra le altre cose potete scaricare l'ebook gratuito contenente le ricette di Margherita, la protagonista.